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Dossier sul consumo del suolo: analisi...

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E’ disponibile per il download il Dossier sul Consumo del Suolo, elaborato da WWF e dal FAI.
Interessante anche il l’altro dossier del WWF Dieci anni di Legge Obiettivo.
Ecco alcuni spunti che dovrebbero far riflettere.

 

bar Dossier sul consumo del suolo: analisi di WWF e FAI    Antiche Fornaci Giorgi 1735 Ferentino Frosinone

 

L’abuso edilizio ed i condoni

La vulgata sulle origini dell’abusivismo è che tragga le sue motivazioni più profonde dallo stato di necessità dei cittadini che – non potendo trovare una collocazione adeguata sul mercato immobiliare – scelgono di costruirsi un’abitazione al prezzo più basso possibile.
L’abusivismo sarebbe, secondo questa interpretazione, figlio del bisogno sociale.

Tra il 1960 e il 1970, e cioè gli anni in cui iniziavano i primi effetti del benessere diffuso, sono state lottizzate abusivamente molte aree destinate a case di vacanza che hanno martoriato le coste italiane.
Anche tenendo conto del segmento della necessità, dagli anni ’70 l’abusivismo sembra essere soltanto un segmento dell’illegalità, con tutte le connessioni con il mondo della produzione del cemento su cui esiste da tempo molta letteratura: si è costruito un mercato parallelo che va dalla filiera del cemento a quella dei materiali edilizi, da un sistema arcaico di microimprese senza alcuna qualificazione all’uso sistematico del lavoro nero.
Il trionfo di un’Italia arretrata e disordinata.

Mentre l’abusivismo coincide sempre più con speculazione e affarismo, l’Italia inizia la folle corsa ai condoni edilizi che in venti anni avrebbero consolidato nel senso comune il fatto che le regole urbanistiche possono essere violate senza rischiare nulla.

 

Primo condono del 1985

Furono oltre 4 milioni le domande di sanatoria presentate ai sensi della legge in tutta Italia e quattro le tipologie più diffuse.

- I piccoli abusi edilizi che riguardano l’ampliamento di edifici per aggiungere una o più stanze o la chiusura di balconi e terrazzi. E’ un tipo di infrazione prevalente nel centro nord del paese e i suoi effetti urbanistici erano molto circoscritti.
- Sopraelevazioni di edifici nelle zone costruite. Questo tipo di violazioni rappresenta una grave alterazione degli ambienti urbani storici ed è diffusa in molte parti del paese.
- Realizzazione di intere lottizzazioni ed edifici residenziali o produttive: riguarda Roma e il sud, ad iniziare dalla Campania e della Sicilia.
- Aggressione dei luoghi di vacanza, in particolare le coste marine. Decine di chilometri di coste del Lazio, della Campania, della Calabria, della Sicilia e della Puglia sono stati cancellati
dall’abusivismo o da fraudolente interpretazioni delle regole urbanistiche.

Lo stesso anno del varo della prima sanatoria edilizia, il Parlamento approva anche la legge fondamentale della tutela del paesaggio e dell’ambiente, la cosiddetta Galasso dal nome del suo estensore, lo storico Giuseppe Galasso, che tutela una serie di categorie di beni paesaggistici giudicati fondamentali al fine del mantenimento dei caratteri identificativi del paesaggio italiano. Forse andava fatta prima questa legge, e poi applicato il condono.

 

Secondo condono del 1994

Il 23 dicembre 1994 viene approvata la legge 724 “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica” che converte il decreto legge 551 del 27 settembre. Il primo governo Berlusconi era entrato in carica il 10 maggio 1994, a seguito della vittoria elettorale del 27 e 28 marzo: un condono approvato in tempi record (per il primo ci erano voluti 5 anni), motivato dal fatto che nella prima campagna elettorale Forza Italia aveva solleticato i peggiori istinti con uno slogan che ritornerà spesso anche negli anni successivi “Padroni a casa propria”.

Sono due le novità del secondo condono. La prima è che si utilizza la chiave finanziaria per giustificare il condono. Si afferma che attraverso la sanatoria lo Stato riceve preziose risorse economiche. In realtà si è dimostrato che la pubblica amministrazione nel suo complesso spende almeno cinque volte di quanto incassa dagli abusivi.
La seconda novità del secondo condono è che si limita soltanto a prorogare i termini del condono “alle opere abusive che risultano ultimate entro il 31 dicembre 1993”: un solo articolo basta per scardinare il territorio, spostando le lancette dell’orologio di dieci anni per consentire di presentare domande di condono. L’opposizione non fa barricate: si accontenta soltanto di marginali e spesso inutili limitazioni all’applicazione della legge: ad esempio, si escludeva la sanatoria per gli immobili di nuova costruzione di volumetria superiore a 750 metri cubi, e cioè poco più di due alloggi di 100 meri quadrati ciascuno, e tutti salutarono come esempio di rigore quella norma perché privilegiava soltanto l’abusivismo di necessità e non gli speculatori.

Nessuno si era preso la briga di analizzare la stesura della norma che recitava: “Le suddette disposizioni (e cioè la possibilità di chiedere il condono) trovano altresì applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni non superiori ai 750 metri cubi per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria”. Come si vede, il tetto volumetrico non era assoluto, ma valeva solo per ogni singola richiesta di concessione. Quello che avvenne nella realtà lo ha fatto vedere Paolo Mondani nella famosa puntata “I re di Roma” del programma televisivo RAI Report, dove narra la vicenda delle “Terrazze del presidente“, una speculazione edilizia compiuta all’inizio degli anni ‘90 a poche centinaia di metri dalla tenuta presidenziale di Castel Porziano da Domenico Bonifaci, costruttore e proprietario del quotidiano Il Tempo.
Viene chiesto il condono per una violazione gigantesca, pari a 283 mila metri cubi. Il tetto massimo per poter sanare gli abusi era di 750 metri cubi: impossibile condonare, dunque. Ma è meglio tornare a leggere la formulazione dell’articolo di legge: il limite vale per la singola richiesta di concessione edilizia. Basta dunque presentare 1.300 richieste, una per ciascuno degli appartamenti che compongono il complesso e il gioco è fatto. L’ufficio del condono di Roma non si accorge che quella valanga di condoni sono legati uno all’altro, ma qui c’è almeno un’inchiesta della Magistratura che ha portato anche ad alcuni arresti.

 

Terzo condono del 2003

Anche il terzo condono nasce sotto la presidenza del consiglio di Silvio Berlusconi, ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi, ingegnere prestato alla politica, che resterà famoso per una solenne affermazione che con la “mafia bisogna fare i conti” e per l’acquisto a prezzi vantaggiosi di un intero immobile di proprietà della congregazione di Propaganda Fide a Roma.
E’ introdotta una nuova scadenza per le sanatorie edilizie: si sposta la lancetta di altri dieci anni, completando un ciclo di 20 anni di speculazioni.
Il Decreto legge 269 del 30 settembre 2003 riguarda “Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici”.
L’articolo 32 del decreto ha come rubrica una formulazione che lega insieme ipocrisia e finzione: “Misure per la riqualificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica, per l’incentivazione dell’attività di repressione dell’abusivismo edilizio, nonché per la definizione degli illeciti edilizi e delle occupazioni delle aree demaniali”.
L’ipocrisia si trova al comma 7, dove è previsto lo scioglimento dei consigli comunali che non abbiano ottemperato alla redazione dei piani urbanistici. All’interno di una legge che per la terza volta cancellava l’urbanistica dalla prassi amministrativa del paese si costruisce una norma formalmente severissima con la consapevolezza che, come sempre, non l’applicherà nessuno: infatti non è stato sciolto nessun consiglio comunale.
La finzione si trova nelle somme stanziate per la riqualificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica: 100 milioni di euro all’anno per tutta Italia, con tutta evidenza una somma inesistente.
Ma lo scandalo fu il permesso di sanare i cambiamenti di destinazione d’uso avvenuti illegittimamente. Un provvedimento provvidenziale per l’immensa quantità di capannoni sorti per fini produttivi che iniziavano a sentire le prime avvisaglie della crisi economica mondiale. Anche in questo caso la formulazione legislativa è volutamente ambigua, nonostante le pessime esperienze con il condono precedente. Come fa notare Edilizia e territorio, settimanale del gruppo Il Sole 24 Ore:

“Il comma 25 precisa inoltre che le disposizioni si applicano alle opere abusive relative a nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 metri cubi per singola richiesta. L’aggiunta del termine residenziale farebbe pensare a prima vista che resterebbero fuori dalla previsione di condonabilità tutte le nuove costruzioni che abbiano destinazione d’uso diversa dal residenziale e quindi commerciale, industriale e artigianale e così via. Si restringerebbe in questo caso il campo degli interventi ammessi a sanatoria. In realtà la lettura della norma non è così piana, potendosi invece anche intendersi nel senso che il limite di 750 mc sarebbe operante solo per le nuove costruzioni residenziali e non per i fabbricati con altre destinazioni d’uso”.

Gli effetti della norma legislativa li metterà in evidenza nel 2009 l’Istat, all’interno della relazione sullo stato del paese 2008, scrivendo:

“è soprattutto impressionante la copertura, quasi senza soluzione di continuità, dell’area pedemontana lombardo-veneta, che costituisce una delle più vaste conurbazioni europee”.

Se si gira nella pianura padana si resta colpiti dalla diffusione di attività terziarie in ogni angolo di quella che una volta era una fertile pianura. Il posto dei magazzini e di piccole attività artigianali è stato preso da palestre, supermercati, negozi di ogni genere, discoteche, impianti sportivi, club più o meno credibili ed esclusivi. Molti di quei capannoni erano stati costruiti impiegando anche finanziamenti pubblici: contributi e provvidenze per il rilancio delle attività economiche o per l’incremento dell’occupazione. Finita la festa ci si riconverte abusivamente, incuranti del fatto che il funzionamento del territorio va in corto circuito per la disordinata e insostenibile domanda di mobilità privata che quelle attività terziarie provocano.

 

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L’estrazione dalle cave

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Il volume di inerti estratti annualmente in Italia riportati su una base di un chilometro quadrato e confrontati con la dimensione del nucleo centrale del massiccio appenninico del Gran Sasso d’Italia.

Nel 2006 in Italia si sono cavati 375 milioni di tonnellate di inerti (sabbia, ghiaia e pietrisco), pari al 54% dei materiali estratti nel nostro Paese. Il resto, 320 milioni di tonnellate, sono argilla per laterizi (8%), calcare e argilla per cemento (4%), gessi per usi industriali (3%) e pietre ornamentali come il marmo (31%).
Questi dati, forniti dall’Anepla, l’Associazione Nazionale Estrattori Produttori Lapidei e Affini, associata a Confindustria, sono in realtà molto inferiori a quelli che le Regioni hanno fornito a Legambiente (Legambiente 2008), ma si tratta di una attività tra le meno attentamente monitorate, cosa che tecnicamente e giuridicamente si potrebbe e dovrebbe fare.
Gli effetti sulla fisionomia del paesaggio nazionale sono comunque facilmente visualizzabili. Un metro cubo di inerti pesa mediamente 1,5 tonnellate per cui il volume denunciato dall’Anepla corrisponde ad almeno 250.000.000 di metri cubi. Su una base campione di 1 km2 si tratta di un solido alto 250 m cioè di dimensioni compatibili con un piccolo gruppo montuoso.

Quindi ogni anno in Italia scompare una montagna di base 1 km2 (ovvero con una superficie di base di 1 km x 1 km) ed alta 250 m: provate ad immaginare il luogo in cui abitate, un luogo che sapete distare 1 km da voi, e tracciate un cubo immaginario tra queste due località. Il cubo è alto come un palazzo di 80 piani.

 
Friday, February 3rd, 2012 | Posted in Diario